I leitmotiv: colori, musiche e parole, in un variegato di canzoni in più lingue. Dall'incontro (e dallo scontro) del locale con il globale la loro musica prende vita e creatività.

La formazione attuale si è costituita nell'estate 2001 - ma il nucleo è nato qualche anno prima sulle spiagge dello Ionio, all’incrocio con la terra del Salento. Il progetto, cresciuto inizialmente con difficoltà per destini paralleli e cangianti, ha conosciuto nel 2005 una forte accelerazione.

Per i più, Safarà è "solo" la bottega di Hamlin, in Dylan Dog, piena di "cianfrusaglie" ricche di storia, mistero, e magia.

In realtà, lo stesso Tiziano Sclavi spiega il significato di questa parola, presa in prestito dal dialetto della pianura padana, in "Non è successo niente": essa identifica « uno zibaldone, un soqquadro di pensieri e prelievi dal flusso, che formano un'unità coerente ».

Ma Safarà è molto di più di un tributo ad uno dei personaggi della nostra (post) adolescenza.

La sfumatura più intrigante viene data da levante: safarà è infatti una parola araba. È la radice del verbo esplorare (in italiano è d'uso corrente la sua versione in Swahili, safari), ed in più significa erba medicinale (la parola zafferano è una sua derivazione).

Infine, tornando in Italia, in omaggio alla lezione felliniana, Safarà è anche un'inflessione dialettale nordica per dire: si farà (ed ecco, senza volerlo, un'altra citazione implicita: la prima canzone del primo album degli Aerosmith, "Make It"!).

E speriamo che questo sia di buon auspicio per noi tutti.

(foto e testo tratti dal sito ufficiale)